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Isola di Capri

Capri

L'isola di Capri ha una superficie di 10 km quadrati e si divide in due Comuni: Capri e Anacapri.

[...] Nella primavera del 1942 Curzio Malaparte ricevette, nella sua villa caprese, la visita del maresciallo Rommel. Dopo aver molto apprezzato saloni e terrazzi della casa, Rommel chiese a Malaparte se avesse comprato la casa già fatta, o l'avesse disegnata e costruita lui. «L'ho trovata così com'è», rispose mentendo Malaparte. «E con un ampio gesto della mano, indicandogli la parete a picco di Matromania, i tre scogli giganteschi dei Faraglioni, la penisola di Sorrento, le isole delle Sirene, le lontananze azzurre della costiera di Amalfi, e il remoto bagliore dorato della riva di Pesto, gli dissi: io ho disegnato il paesaggio».

L'episodio lo rivela lo stesso Malaparte ne La Pelle, alimentando così la disputa che tanto ha impegnato storici e critici dell'architettura, nell'attribuzione dell'opera, divisi nel valutare personalità e ruolo del committente, Malaparte appunto, del progettista, l'architetto Adalberto Libera, e persino dell'esecutore, il capomastro isolano Adolfo Amitrano.

Villa Jovis a Capri

Ricostruzione di Villa Jovis a Capri

Esilio e isolamento hanno contribuito a creare il mito di Tiberio, la leggenda delle sue segrete dissolutezze e crudeltà che avrebbe consumato negli anfratti delle grotte di Matermania, dell’Arsenale e Azzurra trasformate in sontuosi ninfei o nei boschetti delle dodici ville fatte da lui costruire e dedicate ognuna a una divinità. La più grande era “Villa Jovis”, sua residenza abituale, eretta su uno strapiombo di circa trecento metri sul mare da dove avrebbe fatto precipitare le sue vittime.

Villa Malaparte a Capri

Schizzo di F. S. Alessio, 1985

La storia dell'Architettura rupestre nel Mediterraneo è disseminata di capolavori costruttivi su cigli impossibili; edifici e ruderi testimoniano l'incessabile volontà d'insediamento dell'uomo, la volontà di controllo del territorio, sottolineate da relazioni poetiche fra natura ed artificio. La Villa Malaparte nacque tanto dall'incontro e dalla relazione (difficile) fra due uomini particolari, l'Architetto Adalberto Libera e lo Scrittore Curzio Malaparte, quanto dall'incontro e dalla relazione (difficile) fra Natura e Architettura in un luogo inospitale ed estremo ma bellissimo.

Cartolina da foto della baia di Marina Grande a Capri

Marina Grande a Capri

Proprio alla rappresentazione letteraria dell’isola da parte di un uomo di scienze, esponente della grande società cosmopolita di fin de siècle, il medico svedese Axel Munthe, con La Storia di San Michele, si deve una buona parte della successiva fama di cui Capri ha goduto nel mondo e il suo conseguente boom turistico. A testimonianza della sua prolungata permanenza sull’isola, conosciuta già dal 1876, resta, oltre al romanzo, la discussa “Villa San Michele” ad Anacapri che Munthe ha curato in ogni dettaglio e che fu per anni meta obbligatoria per ospiti importanti di Capri, nonostante la sua fama di scienziato scorbutico e difficile.

Villa San Michele di Axel Munthe

"Una casa aperta al sole, al vento e alle voci del mare - come un tempio greco - e luci, luci ovunque": è così che Axel Munthe descriveva Villa San Michele, la casa che costruì sull'Isola di Capri. Il medico svedese scelse il punto più panoramico di Capri per costruire la sua villa: il versante nord-orientale di Anacapri, a 327 metri di altezza sul livello del mare, dove un tempo sorgeva una villa imperiale romana e una cappella medievale dedicata a San Michele.

Villa Malaparte a Capri

Casa Malaparte è una sopraelevazione del luogo: l'enorme gradinata strombata e il solarium concludono, sul ciglio di Punta Masullo, la lunga serpentina del sentiero a mezzacosta e la stretta e ripida scalinata terminale. La residenza si sviluppa "al di sotto" e indipendentemente, colmando il vuoto tra il piano artificiale e la linea naturale della sella rocciosa.

Scalinata d'accesso al tetto terrazza

La terrazza è dovunque priva di balaustre, le canne fumarie sono troncate a filo del tetto, le finestre sono scavate nelle murature. Simile ad una casamatta di una guerra dimenticata, con le sue vuote occhiaie, la scalinata come una cresta di ramarro, rimane sospesa sul blu ad interrogarci sull'Arte e sul Tempo: come un'ara per sacrifici che non comprendiamo, di un altro luogo, di un altro tempo.



Rispetto allo scenario geografico locale Capri presenta differenze geologiche e naturalistiche. È diversa non soltanto da Ischia e Procida [Douglas 1988], le altre due isole del golfo di Napoli, ma anche dal territorio napoletano, tutti plasmati dal fuoco vulcanico dei Campi Flegrei e del Vesuvio. Rupi suggestive e misteriose come quella del salto di Tiberio, rocce calcaree possenti e luminose come quelle del monte Solaro, paesaggio scabro e vegetazione ridente ma non abbondante, totale mancanza di acqua, al confronto conservano ed evidenziano di Capri una più remota origine tettonica, quando fu espulsa dall’interno della terra da quei grandi movimenti tellurici che hanno prodotto anche l’ossatura dell’Appennino. «Capri in principio non era Capri ma un tutt’uno con la terraferma» [Maiuri 1988, 106], forse era il vero lembo estremo della penisola sorrentina, forse parte di una più estesa zona terrestre denominata “Tirrenide”. Biologicamente vanta un’esclusività, quella della lucertola dei Faraglioni, una sottospecie endemica presente solo su due dei tre Faraglioni e completamente azzurra, insieme ad altre particolarità locali della flora e della fauna marina [Bellini 1901]

Capri: La Grotta delle Felci

Con la vicenda della presenza a Capri dei due imperatori Augusto e Tiberio, riportata anche dallo scrittore Svetonio [I-II sec. d.C.], la minuscola isola sassosa, a cui è difficile approdare e in cui non esiste nemmeno una sorgente d’acqua, si presenta come capitale dell’impero romano, anomala, separata e remota, ma non per questo meno visibile e presente, proiettata com’era in una dimensione politica concorrenziale con Roma sul piano generale e localmente con Napoli. Fu la grecità, oltre alle sue bellezze naturali, a indurre nel 29 a.C. Ottaviano, non ancora Augusto, a togliere Capri dalle dipendenze di Napoli scambiandola con Ischia e a farne un dominio privato [Svetonio 2004].

L’imperatore frequentò l’isola per brevi soggiorni estivi durante i quali lo stesso Svetonio racconta come Augusto amava invitare i greci e i romani che abitavano l’isola a scambiarsi le vesti e a parlare gli uni nella lingua degli altri; come assisteva ai giochi degli efebi e al banchetto dei giovinetti capresi che a gara si abbandonavano al lancio di frutta; come egli avesse immaginato una città di “Apragopoli”, cioè del dolce far niente. A lui si devono le prime fabbriche di Palazzo a Mare, originario nucleo di ulteriori costruzioni fatte dal successore Tiberio. Questi, dall’età di sessantasette anni, tra il 27 ed il 37 d.C., stanco e amareggiato dagli intrighi romani, si rifugiò a Capri in cerca di quella pace e solitudine che solo l’inaccessibilità dell’isola dalle alte rupi e dal profondissimo mare gli poteva offrire.

Francesco Saverio Alessio


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